lunedì 30 settembre 2019

Intervista a Jay Kristoff: l'autore ci racconta "Nevernight" e altro!

Buongiorno!
Sabato ho avuto l'occasione di intervistare Jay Kristoff insieme ad altri blogger durante il suo evento milanese, e oggi potrete leggere di cosa abbiamo parlato. Un grazie gigantesco va alla Mondadori per averci dato quest'opportunità bellissima. 



Destinata a distruggere imperi, Mia Corvere ha solo dieci anni quando riceve la sua prima lezione sulla morte. Sei anni dopo, la bambina cresciuta tra le ombre si avvia a mantenere la promessa che ha fatto il giorno in cui ha perso tutto. Ma le possibilità di sconfiggere nemici così potenti sono davvero esili, e Mia è costretta a trasformarsi in un'arma implacabile. Deve mettersi alla prova tra i nemici - e gli amici - più letali, e sopravvivere alla protezione di assassini, mentitori e demoni, nel cuore stesso di una setta dedita all'omicidio. La Chiesa Rossa non è una scuola come le altre, ma neanche Mia è una studentessa come le altre. Le ombre la amano. Si nutrono della sua paura.

RECENSIONE DEL PRIMO VOLUME




Intervista a Jay Kristoff

“Partendo dall’inizio, come è nato l’idea del mondo di Nevernight e come si è sviluppata nei tre volumi?”
Tutto è iniziato con il personaggio di Mia, sicuramente i lettori si innamorano dei personaggi e non delle parole e quindi ho iniziato a esplorare questo nuovo personaggio. L'ispirazione è venuta una sera, la vigilia di Capodanno, quando due mia amiche (non fidanzate, sono sposato) hanno iniziato a litigare su una parolaccia che in inglese inizia per "C", se fosse offensiva o meno. Rimasi volutamente fuori dalla discussione, ma ero interessato alle reazioni e ai punti di vista delle mie amiche. Ho iniziato poi subito dopo a scrivere la scena che c'è alla fine del capitolo 5 del primo libro dove appunto Mia e Tric discutono su questa parola. A quel punto ancora non sapevo chi fosse Mia, però sapevo che  volevo saperne di più e scoprire chi fosse. 
Io sono molto appassionato di Storia Romana, mi sento addirittura un nerd su questa materia, in particolare della dinastia Giulia. Sapevo che potevo prendere in prestito molto da questa Storia e in particolare dalla storia e dalla figura di Giulio Cesare, un generale che si è ribellato contro il senato. La sua ribellione ha avuto successo ma mi sono sempre chiesto cosa sarebbe potuto accadere se questa ribellione non fosse andata a buon fine, cosa sarebbe accaduto alla sua famiglia ed è nata la storia di Mia.


“Perché hai voluto iniziare la serie di Nevernight comunicando subito ai lettori la morte della protagonista facendo così un spoiler sul finale?”
Sicuramente perché sono molto cattivo, ma volevo soprattutto creare il viaggio di Mia come se fosse una figura leggendaria, una persona che ha vissuto la vita completamente nella violenza e che alla fine avrà, logicamente, una fine violenta. Volevo creare delle aspettative nei lettori, in modo tale che sapessero da subito che sarebbe stato un viaggio ben definito, che avrebbe portato alla fine di questo personaggio. Inoltre questo aumenta sicuramente la curiosità del lettore che diviene entusiasta della storia, anche perché in questo si capisce che nessun personaggio è davvero al sicuro. Se può morire la protagonista allora tutti possono morire.
Personalmente quando leggo un libro voglio essere un po' intimorito, soprattutto dal finale, mi piace sapere che i personaggi che amo possono rischiare, mi aiuta ad accrescere la curiosità ed è proprio questo che spero sia riuscito a fare con i miei lettori.


“Quando hai finito di scrivere la trilogia cosa hai provato, ma soprattutto avevi idea del grande successo che avrebbe avuto?”
Mi sono sentito triste, quando l'ho finita. Questa è la terza trilogia che concludo, ma non ricordo di essermi sentito così triste con le altre, ero sempre emozionato per la prossima storia (e lo sono anche adesso), però immagino che ci fosse più "me" in questa serie e in questi personaggi rispetto alle altre. Quando ho detto addio a questa serie è come se avessi detto addio a una parte di me. Sapevo anche Mia significa molto per i lettori e quindi mi dispiaceva anche per loro. L'ultimo capitolo della serie è stato molto difficile da scrivere: il narratore parla della fine di questo viaggio ed è come se parlassi io ai miei lettori, come se io stessi dicendo addio alla serie. È stato difficile da scrivere, è come quando i genitori salutano i figli che vanno al college, iniziano il loro percorso nel mondo reale. Comunque sono molto soddisfatto dei libri, del finale e mi sono sentito triste, cosa insolita per me perché di solito ho il cuore di ghiaccio. 
E no, non sapevo che sarebbe stato un così grande successo, anche perché quando la trilogia è uscita in inglese non c'è stato un lancio così grande come c'è stato qui in Italia, è stato più circoscritto e poi in due/tre anno il libro ha avuto un successo esponenziale ed è tutto grande a voi ragazzi che siete i miei lettori e che grazie a Instagram, Youtube e i blog avete fatto un grande passaparola, molto più grande rispetto alle altre mie serie. Anche solo consigliando la serie a un amico, avete permesso che avesse così tanto successo, quindi devo tutto a voi, grazie mille! 




“Sapevi già come si sarebbe conclusa la storia di Mia dalla prima stesura del primo libro?”
No! Io penso che ci siano due tipi di scrittori: il primo è quel genere di autore che pianifica sin da subito la trama e sa già dove la trama andrà a parare; il secondo tipo, invece, quello a cui appartengo, è quel gruppo di scrittori che si lasciano trascinare dalla trama mentre scrivono. È come guidare in macchina, vedere la città in lontananza, sapere di dovere andare in quella città ma non sapere ancora quale strada intraprenderà. Sapevo però che Mia sarebbe morta, prima o poi, perché l'ho scritto nella prima pagina, ma non come. Non sapevo nemmeno chi sarebbe stato il narratore, però avevo tre possibilità. Il primo narratore che avevo pensato, alla fine non è diventato il narratore vero e proprio che ho scelto alla fine. La storia e i personaggi mi hanno sorpreso, quindi sapevo di avere buone probabilità di sorprendere anche i lettori. È molto entusiasmante scrivere in questo modo perché sapevo che dovevo arrivare ad un finale che avevo in mente, solo che non sapevo ancora come arrivarci. Avevo addirittura scritto 3 finali diversi, tra cui ho scelto quello meno oscuro e deprimente. Gli altri due non vi sarebbero sicuramente piaciuti. Mi piace trovare la storia mentre la scritto, un processo che va avanti grazie alla scrittura. 


“Qual è stato il momento più difficile da scrivere nell’intera trilogia?”
Le scene di sesso! È stato molto strano pensare che mia madre, mia moglie, i miei amici leggano queste scene nei miei libri. Sicuramente mia moglie è una delle critiche letterarie che stimo di più ed è la prima delle 5 persone a cui faccio leggere i miei libri prima di mandarli all'editore. Quindi scrivere queste scene sapendo che le persone vicino a me le avrebbero lette è un'esperienza che non avevo mai fatto: mia moglie con un gruppo di amiche legge molti romanzi erotici e quindi era come chiederle di fare un "best of" delle scene di sesso e per qualche tempo in casa era come leggere della pornografia. Di solito sono da solo nel processo di scrittura, invece per quanto riguarda le scene di sesso sentivo la gente sulla spalla che mi giudicava.  


“Luce e Oscurità, due realtà contrapposte che in Nevernight assumono sfumature nuove e particolari. Da dove è nata l’idea di questa battaglia ideologica?”
L'idea era un po' quella di sovvertire il classico topos letterario del confronto tra luce e buio, che è tipico del genere fantasy. Mia ha dei poteri legati alle ombre e si intona molto con il suo personaggio, al fatto che sia una assassina, ma ho voluto mettere anche dei limiti a questi poteri perché non possono funzionare sempre perché la storia è ambientata in un mondo dove in generale non c'è oscurità totale. Sapere di creare un personaggio che sembra un dio era pericoloso, perché allora soltanto un altro dio come lei avrebbe potuto sfidarla e quindi ho voluto porrei dei limiti ai poteri.
Tipicamente la luce viene vista come qualcosa che rappresenta la bontà, qualcosa di giusto e corretto, però in ogni sistema in cui c'è un unico potere, anche la luce, se non c'è equilibrio si crea tirannia e quindi anche questi mondi, che sembrano perfetti perché dominati dalla luce, nascondono in realtà corruzione e un potere troppo forte. Ho per questo sconvolto questa dicotomia tra luce e buio, perché la vita di fatto non è o bianca o nera, è un insieme di sfumature di grigio, c'è sempre la ricerca di equilibrio in questo sistema che non può essere univoco.


“È davvero giusto associare le ombre alle paure che ci portiamo dentro? O, come ci insegna Mia, sono piuttosto un’altra faccia della luce? Quella più densa, il risultato di ferite, dolori, solitudini?”
Nel libro si dice che non esistono ombre senza la luce, e più intensa la luce più sarà oscura sarà l'ombra. Di solito la paura viene associata a qualcosa di negativo che ci ferma, che ci impedisce le cose che vogliamo fare. Ogni tipo di sentimento, che sia la paura, la rabbia o la tristezza, se ce n'è troppo allora ci saranno dei problemi, ma un po' di paura può darci la motivazione giusta per andare avanti. Io sono una persona che si arrabbia molto, ma tendo a focalizzare questa rabbia nella mia creatività, a sfruttare questa mia rabbia per scrivere. All'inizio Mia non ha paura, perché le viene sottratta, ma nel corso del libro capisce che la paura è utile nella vita, che fa parte della vita. Quando amiamo una persona abbiamo paura che scompaia, che se ne vada, quindi fa decisamente parte delle nostre emozioni. Essere vivi significa anche avere un po' paura, l'importante è non lasciarci sopraffare da questa paura.    


“A chi ti sei ispirato per creare il personaggio di Mia e cosa c’è di tuo in lei?”
In realtà non c'è una vera e propria persona, nel mondo reale, alla quale mi ispiro, anche perché quando un autore inizia a descrivere gli amici nei suoi romanzi queste amicizie sono destinate a rompersi, perché in particolare nei miei libri succedono delle cose terribili ai personaggi.
Mia è una combinazione di varie persone importanti nella mia vita: mia madre, mia sorella, mia moglie e alcune amiche, che non sono delle assassine, ma c'è molto di loro in Mia.
C'è anche molto di me in Mia, in particolare è la mia versione teenager femminile. C'è molto di me in come Mia si vede all'interno del mondo, le cose che sono importanti per lei, i suoi problemi, le difficoltà che si trova ad affrontare. Lei è una dura all'esterno, ma dentro ha un lato più umano, più soft, farebbe qualsiasi cosa per le persone che ama, ed io sono proprio come lei nella mia vita. Sembro un po' burbero, ma in realtà sono un orsacchiotto (nota mia: confermo!). Mi rivedo anche nel personaggio di AIDAN della serie di Illuminae. 


“Ci hai mostrato in ogni volume una Mia diversa, ma secondo te quale tra i tre volti è quello che le si addice di più?”
Ottima domanda, anche se difficile! Non so se ci sia un vero volto di Mia, un suo vero volto. Sicuramente è diventata una persona migliore alla fine del terzo volume. Ha una migliore comprensione di chi è come persona e di cosa sia l'amore, perché in effetti nel primo libro c'è sì l'esperienza con Tric, ma non so se lei alla fine fosse davvero innamorata di lui. Nel primo libro Mia è concentrata sul suo obiettivo, non sa quale sarà l'impatto delle sue scelte, ma sa che ha una montagna da scalare, e non le importa cosa succederà dopo, sa solo che dovrà raggiungere il suo obiettivo. Nel libro tre invece ha una visione più ampia della vita e del suo stare nel mondo; è una persona più equilibrata e sana rispetto al libro uno, ma non so se quello sia effettivamente il volto giusto di Mia. In ogni libro Mia deve possedere quel determinato volto e diciamo che la cosa che apprezzo di lei è che non è mai scesa a compromessi, dal primo libro è sempre stata motivata dalla vendetta, dalla rabbia, dall'ingiustizia subita e continua ad esserlo fino alla fine.


“Messer Cortese è uno dei personaggi che mi ha colpita di più, a parte Mia, ovviamente. Ti sei ispirato ad una persona o animale particolare? E perché hai scelto di dargli proprio la forma di un gatto?”
La mia fonte d'ispirazione è stata Emily the Strange, un personaggio che ho visivamente associato a Mia: non ho mai letto i libri, ma ho sempre visto le immagini anche sulle magliette dei miei amici e quindi ho associato la figura del gatto al personaggio di Messer Cortese. Volevo creare questo legame con la figura del gatto, nonostante io non sia un fan vero e proprio dei gatti, preferisco i cani, però mia moglie preferisce i gatti. È un personaggio fondamentale per Mia, una sorta di consigliere, come il grillo parlante di Pinocchio, perché spesso Mia non ha paura delle conseguenze delle proprie azioni, quindi Messer Cortese è lì per ricordarle di stare attenta, di non fare delle sciocchezze.




“Se tu fossi un tenebris, che forma e caratteristiche avrebbe il tuo passeggero? E tra le abilità utilizzate dai vari personaggi tenebris, qual é quella che vorresti padroneggiare?”
Avendo un piccolo Jack Russell, Sam, sarebbe lui la mia scelta, perché lo amo tantissimo, ed è molto buffo perché è proprio piccolo, perciò quando passeggiamo insieme siamo proprio buffi insieme. Tra i personaggi del libro sceglierei Messer Cortese, perché è molto più sensibile e sa consigliare Mia nel momento del bisogno. È più utile avere un personaggio che dice quando si sta facendo una stupidaggine. Eclissi, invece, è un po' come il cane, sempre entusiasta della vita, ed è quel tipo di personaggio che potrebbe dirti "Andiamo a rubare quella macchina della polizia!", invece interviene Messer Cortese che ti avviso che potresti andare in prigione per questa cosa, quindi è sicuramente più sano avere accanto un personaggio così saggio. 


“Qual è il tuo personaggio preferito della serie, a parte Mia? E qual pensi che ti rappresenti di più?”
Il mio personaggio preferito tra i secondari è senza alcun dubbio Mercurio, perché c'è tanto di me in lui. Alla fine i due personaggi in cui ho messo parte di me sono appunto Mia e Mercurio: Mia è il mio passato, mentre Mercurio è il "me" del futuro. Nel terzo libro le linee iniziano ad intrecciarsi e cambia qualcosa, in quel momento subentra l'autore, molto più di prima e il narratore diventa molto più consapevole di star raccontando una storia, e il lettore diventa più consapevole di starla leggendo. Diciamo che, in generale, nel terzo volume c'è molto di me, rispetto ai precedenti. Ci ritrovo molto la mia relazione che ho con il mondo, per quanto riguarda la mia esperienza personale. Se volete sapere come sarà tra venti anni allora correte a scoprire Mercurio.


“In particolare nella trilogia di Nevernight, ma anche in altri tuoi libri, ti sei mai pentito di aver scritto qualcosa? Qualche morte di cui ti penti? Se potessi tornare indietro, cambieresti qualcosa nella storia?”
Sicuramente tutte le morti che ci sono nei tre volume hanno un perché, una ragione, sia per motivi per legati alla trama in sé o perché la loro assenza è importante per Mia o per la storia. C'è un personaggio, Cassius, che muore nel primo libro, e molti lettori mi hanno chiesto il perché, visto che era un personaggio interessante, ma in realtà lui ha tre caratteristiche: è alto, che ha lunghi capelli scuri ed è misterioso. Se io svelo troppe cose su di lui non è più misterioso, quindi perde un po' la sua ragione d'essere. Magari molti lettori avrebbero voluto che continuasse a vivere però in realtà per me era un po' un ostacolo, perché lui aveva tutte le risposte che servivano a Mia, quindi ho dovuto eliminarlo per mandare avanti il libro. Non mi è dispiaciuto averlo ucciso, ma capisco anche i lettori. 


"L'ambientazione in un romanzo fantasy/scifi è molto importante e quella di Nevernight non fa eccezione. Quanto tempo ci è voluto e quali difficoltà hai incontrato per creare questa struttura così particolare?”
Sicuramente l'ambientazione è fondamentale. Io però sono un tipo di scrittore che costruisce la storia e l'ambientazione strada facendo, quindi non avevo inizialmente una visione completa del mondo che stavo andando a creare. Sapevo che c'erano dei luoghi di cui volevo parlare, ma non avevo visitato nella mia mente tutta l'estensione dell'ambientazione.
È un processo che segue il flusso della scrittura, sia per la trama ma anche per l'ambientazione.
Per quanto riguarda invece la struttura politico-religiosa che regola il mondo, di questo aspetto avevo una visione ben precisa, perché mi ero ispirato alla storia romana e alla sua repubblica, alla dinastia Giulia, quindi lì avevo un'idea ben precisa.
Sono invidioso di quegli scrittori che sin da subito hanno chiaro quello che andranno a scrivere, io non sono così diligente, anzi a volte mi è persino capitato di cambiare strada: avevo intrapreso dei percorsi e poi alla fine cambiavo idea e mi toccava tornare indietro, dopo essermi reso conto di aver sbagliato. Nel primo libro ho cancellato 80.000 parole, su 160.000, quindi ho scritto una metà del libro in più, relativamente alla descrizione del mondo. Poi ho deciso di cancellarla perché non mi sembrava utile, ma non è stato un lavoro sprecato perché mi ha aiutato a informarmi sulla costruzione di questo mondo. 

"Hai creato la Chiesa Rossa, una scuola molto particolare, quindi come hai avuto l'idea delle prove, delle materie, della struttura della Chiesa. E c'è stato qualcuno che ha considerato disturbante una scuola che insegni a dei ragazzini come uccidere?"
L'idea della Chiesa Rossa è stata molto naturale, sicuramente in un'ambientazione in cui si parla di assassini c'era bisogno di un'istruzione che insegnasse come diventarlo. Ho cercato di immaginare le competenze che dovesse avere un assassino in ambito medievale, ad esempio uccidere velocemente, le abilità con armi, ecc... 
Gli insegnanti riprendono l'arte della scuola e sono presenti in molti libri fantasy, come "Il nome del vento" o  "Harry Potter", e la scuola deve riflettere l'atmosfera del libro. In più, la Chiesa Rossa è anche un società segreta e quindi c'è la difficoltà di tutelare chi insegna, perché le competenze che insegnano possono ritorcersi contro gli insegnanti stessi, perciò ho introdotto le regole particolari, come quella di Fedeltà, di Lealtà. 
Per quanto riguarda le opinioni degli altri, in generali tutti hanno concordato che fosse una bella idea, non ci sono state critiche particolari. È un po' come Harry Potter, ma con l'elemento in più del pericolo, quindi in linea con l'atmosfera dark del libro e mi piace molto che non tutti possano diventare Lame.   

“Quali influenze hanno contribuito a rendere il tuo stile di scrittura così originale e innovativo?”
Per quanto riguarda gli scrittori sicuramente William Gibson, uno scrittore che usa frasi molto frammentate e a cui mi sono ispirato per il mio stile. Inoltre usa il ritmo della scrittura in modo molto intelligente, perché abbina il ritmo di scrittura al tipo di scena: se c'è una scena con molta azione allora usa frasi più brevi, mentre nelle scene drammatiche si sofferma sulle descrizioni e sui dettagli. È stato un'influenza grandissima per il mio lavoro e il primo scrittore che ho studiato a fondo per formarmi in quanto scrittore. 
Un'altra influenza per me è la musica: quando scrivo ascolto sempre la musica, non con le parole perché mi distraggono, ma uso musiche che evochino quello che scrivo. Adoro Ludovico Einaudi e abbino anche qui i ritmi che la sua musica ha a quello che sto scrivendo. Anche le colonne sonore dei film, quelle orchestrali: ad esempio quando ascolto la colonna sonora di Avengers so che starò scrivendo una scena movimentata, piena d'azione. 
Le band che ascolto sono un'altra influenza che mi serve, perché le parole di queste canzoni evocano idee che possono essermi utili per la scrittura. 


“La storia di Mia ha appassionato tantissimi lettori, anche quelli che leggono generi diversi, e credo sia stato per l'intrattenimento fuori dall'ordinario. Il fatto di aver creato un narratore che parla con il lettore è nata come cosa per appassionare lettori diversi?”
No, non era quello l'intento. Non ho usato il narratore per avvicinarsi a un pubblico diverso di lettori. Ho notato che nel primo libro la voce del narratore era troppo presente, quindi ho dovuto abbassare il volume della voce di questo narratore strada facendo. Mi piace l'idea di un personaggio incaricato di raccontare la storia del romanzo e per me sono fondamentali le note a piè di pagina, perché le uso per costruire il mondo fantastico. Ci sono tre ragioni per cui sono importanti: innanzitutto perché fanno ridere il lettore anche nei momenti meno opportuni, come quelli di alta tensione in cui le note scatenano risate isteriche perché il momento è terribile. La seconda ragione è che tutti i lettori che leggevo da piccolo e che mi hanno ispirato, come Tolkien ad esempio, si concentravano molto sul worldbuilding, dedicando pagine e pagine alle descrizioni, cosa che a me piace molto, ma so che non tutti i lettori apprezzano, perciò tramite le note a piè di pagina ho potuto nasconderlo un po', permettendo ai lettori non interessati di saltarle. In terzo luogo, le note danno anche degli indizi importanti, ovvero che il narratore è consapevole di star raccontando una storia, come se il libro stesso fosse consapevole di essere una storia, quindi ho cercato di raccontare la storia che volevo raccontare e non mi sono focalizzato sul cercare di accalappiare lettori diversi, e il narratore l'ha rivisto strada facendo, perché all'inizio era troppo intrusivo.    


“Tra le tue serie di maggiore successo ce ne sono alcune classiche e alcune scritte a quattro mani. Quali sono le peculiarità di questi due diversi modi di creare una storia? Quali sono state le difficoltà nel passare da una storia come Illuminae a una storia come Nevernight?”
Si tratta di due tipi diversi di scrittura, e il fatto che Illuminae sia stato scritto con Amie Kaufman ha cambiato molto le cose, perché io tendo a essere più dark e pessimista rispetto a lei, quindi quella trilogia è il risultato dell'incontro tra questi due modi diversi di vedere il mondo. Inoltre, il pubblico è diverso: Illuminae è uno young adult, mentre Nevernight no, quindi ci sono cose che non si possono scrivere in un libro per giovani adulti, anche se adesso questi limiti sono stati in parte superati, però il tono con cui si scrivere è diverso. Per i giovani adulti non bisogna oltrepassare determinate soglie, mentre con Nevernight sono davvero io che mi racconto, consapevole di poter usare un tono più dark, visto che scrivendo per un pubblico adulto, non devo pensare al tono o ai temi che sto esplorando. Non significa che negli YA non si possano affrontare certi argomenti, ma con Nevernight sono io senza filtri. 
Una volta quando stavo firmando le copie mi è capitato di vedere una bambina di 8 anni con in mano Nevernight, e mi sono spaventato e le ho chiesto dove fosse sua madre, ma in realtà lo stava solo tenendo per sua sorella.   


"Nella traduzione delle tue opere, ti interessi che determinati passaggi mantengano un certo pathos o che comunque trasmettano le tue intenzioni? Qualche fan ti ha mai fatto notare dei -lost in traslation-?”
Bisogna fidarsi dei propri editori: quando viaggio chiedo sempre alle persone che magari hanno letto sia la versione originale che quella tradotta come fosse la traduzione, se erano contenti. Ho un gruppo di amici scrittori e ci confrontiamo anche su quali editori abbiano i traduttori migliori perché uno scrittore passa tantissimo tempo a scrivere, i libri diventano come figli, e quindi dare i propri figli a uno sconosciuto per la pubblicazione in un'altra lingua è un po' difficile e preoccupante. Però alla fine bisogna fidarsi dei propri editori e scegliere persone a cui importi della storia tanto quanto lo scrittore, e quando ho conosciuto Marco (l'editor di Oscar Mondadori) ho sapevo sin da subito che fosse la persona giusta, perché aveva la passione giusta da mettere nel progetto e quindi sapevo già che sarebbe stata un'ottima scelta. 


“Come ti è approcciato alla scrittura? Come ha capito di voler diventare uno scrittore?”
Il processo della scrittura è un processo a cui mi sono approcciato quando avevo circa 12 anni, iniziando a giocare a Dangeons & Dragons. Ho poi iniziato a lavorare nelle pubblicità, scrivendo i copioni per gli spot televisivi: in un certo senso raccontavo storie, anche se di 30 secondi, molto corte, però la struttura è la stessa del romanzo, con un inizio, un corpo e una fine, come se fosse un romanzo in miniatura. È stato un grande esercizio per me come scrittore, perché ho imparato a raccontare una storia in 30 secondi. Fatto questo, si è sicuramente in grado di farlo anche in 160.000 parole. Quando tornavo a casa, però, ero stanco per scrivere altro e a circa 35 anni ho iniziato a provare un'insoddisfazione nei confronti del mio lavoro perché stavo sprecando la mia energia creativa cercando di convincere i consumatori a comprare carta igienica o cereali per la colazione, quindi non ero molto soddisfatto, volevo qualcosa che fosse totalmente mio, un ruolo più importante di cui avere anche il controllo al 100%.   


“Visto che i diritti di diverse tue opere sono stati acquisiti per eventuali trasposizioni cinematografiche/televisive... quale personaggio credi che potrebbe rendere meglio sullo schermo? Quale credi sia, invece, il più difficile da trasporre?”
Sicuramente il personaggio più difficile sarebbe quello di  AIDAN (Illuminae) perché ha molti monologhi interni ed è un personaggio molto complesso, difficile da rappresentare perché ha moltissimi pensieri che dovrebbero essere poi esplicitati per lo schermo, sarebbe un passaggio un po' difficile. Il personaggio più interessante che non vedo l'ora di vedere è Mia, soprattutto per i suoi poteri legati alle tenebre e alle ombre, in particolare nel terzo volume quando c'è il verobuio. Stanno facendo delle prove con Piera Forde per la webserie che uscirà tra poco su Youtube e ho visto alcune anteprime e sono molto soddisfatto per l'effetto delle tenebre che non era semplice da rendere, e per Messer Cortese. Non vedo l'ora di vedere l'effetto finale. 


“Ci hai detto che l'anno prossimo uscirà, anche in Italia, una tua nuova serie sui vampiri. Ci puoi anticipare qualcosa?”
Sto scrivendo "Empire of the Vampire" che uscirà l'anno prossimo anche in Italia con Oscar Vault, in concomitanza con l'America: è un po' simile a Nevernight, un fantasy epico molto dark e si basa su un evento veramente accaduto nel 536 d.C., quando c'è stata probabilmente un'eruzione vulcanica che ha causato un esplosione di materia andata nell'atmosfera e che ha oscurato il sole per 8/9 mesi. Questo accadimenti ha causato la morte di raccolti, guerre e carestie. In questo mondo che sto creano i vampiri possono circolare liberamente: Gabriel è il tipico eroe, perché fa parte di un ordine religioso che dà caccia ai vampiri e il libro inizia nel momento in cui deve essere giustiziato perché ha ucciso l'imperatore dei vampiri ed è incaricato di raccontare la sua storia fino a quel momento. È un mix di ispirazioni tratte da "Intervista col vampire" e "Il nome del vento". Non so se riuscirò a completarlo per il prossimo anno, ma ci proverò: dopo la tappa in Italia andrò a Praga e li mi chiuderò in casa per un mese a scriverlo. 
Sarà un libro illustrato e quindi ritroverete molte delle scene che leggerete anche nelle immagini. 


La giornata di sabato è stata davvero intensa e ricca di emozioni: Jay è stato super gentile e disponibile, un vero orsacchiotto (come lui stesso ha confermato). Il primo grazie va a lui, ovviamente, ma subito dopo devo ringraziare la Mondadori (Anna e Marco in particolare) per averci dato questa enorme possibilità e per aver portato in Italia questa meravigliosa serie. Il terzo grazia va a tutti i blogger per la compagnia (durante l'evento, ma anche a colazione e pranzo) e per il loro essere sempre entusiasti e meravigliosi in quello che fanno. Ho rivisto persone che non vedevo da anni e ne ho conosciute di nuove, quindi direi che la giornata è stata decisamente perfetta.  



A presto,
Silvy

1 commento:

  1. È stato davvero bello leggere quest'intervista e scoprire tante nuove perle del mondo di Kristoff! Poi l'esperienza di contrarlo così da vicino deve senza dubbio essere stata spettacolare, io ho avuto i brividi anche solo avvicinandomici durante il firmacopie! Ð una persona così gentile e disponibile che è impossibile non adorarlo 🥰
    Ps: devo ammettere che sarei proprio curiosa di vedere Jay in compagnia del suo piccolo Jack Russell, sarebbero un'accoppiata vincente - anche se probabilmente il cagnolino scomparirebbe letteralmente nell'ombra del suo padrone ahah

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